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Street art: il memoriale di Jan Palach e Josef Toufar

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In via Legerova, a Praga 2, un memoriale ricorda due vittime del regime comunista: Jan Palach e Josef Toufar.

In occasione del 45º anniversario della morte di Palach, il 19 gennaio del 2014 l’artista Otakar Dušek ha creato un memoriale sulla facciata dell’ex clinica Borůvka. La composizione artistica ha lo scopo di ricordare il luogo in cui Josef Toufar e Jan Palach morirono, visto anche che la stragrande maggioranza delle persone non lo sa(peva).
Il parroco Josef Toufar morì il 25 febbraio 1950. Lo studente Jan Palach morì il 19 gennaio 1969.

Dušek era infastidito dal fatto che l’edificio dell’ex sanatorio fosse fatiscente ed in condizioni terribili e che nessun monumento o targa commemorativa per Toufar e Palach fosse mai apparso su di esso.
Nel corso degli anni Dušek aveva cercato molte volte di ottenere l’autorizzazione delle autorità per creare un memoriale, ma sembra che sia sempre stato respinto dai funzionari della capitale. Quindi si attrezzò per far sì che l’affissione illegale dei suoi posters avvenisse velocemente, prima che qualcuno potesse avvertire la polizia. Ed in effetti si svolse tutto nell’arco di 15 minuti.

L’opera doveva originariamente essere un graffito, ma mettersi a dipingere con gli spray in quella zona in pieno giorno avrebbe attirato troppe attenzioni. Perciò Dušek creò pannelli di plastica adesivi, che vennero inchiodati alla facciata dell’edificio.
La polizia non ha mai convocato Dušek ed il memoriale permane fino ad oggi. Spesso si vedono fiori e candele come atto di riverenza.
 

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Josef Toufar

Il pastore Josef Toufar nacque il 14 luglio 1902 ad Arnolec, in Vysočina. Nel 1940 venne assegnato alla parrocchia di Zahrádka, un piccolo paese di circa 1000 abitanti, vicino a Třebíč. Toufar si stabilì rapidamente nella comunitá e si sentì bene. Secondo la testimonianza dei parrocchiani, fu un predicatore buono e impavido, che interagiva con le persone direttamente e che spesso aiutava i bisognosi anche in maniera influente.

Josef Toufar ebbe dapprima problemi con i nazisti, quando andarono a confiscare le campane della chiesa e quando iniziarono a prelevare persone per portarle nei campi di sterminio. Successivamente, una volta finita la guerra, ebbe conflitti con i comunisti locali. Così, nell’aprile del 1948 fu forzatamente trasferito a Číhošť, un paesino sperduto di appena 400 anime.

A Číhošť avvenne un fatto incredibile.

Durante una delle messe, la croce sul tabernacolo si mosse più volte fino a fermarsi in una posizione leggermente inclinata in avanti. Toufar non si accorse di nulla, visto che la croce era alle sue spalle, ma alcuni parrocchiani riportarono l’evento e la voce si sparse. Gente da ogni parte del paese iniziò a visitare la chiesa e a chiedere dell’accaduto e presto si iniziò a vociferare che l’evento era una premonizione della fine del comunismo. Tutto ciò arrivò alle orecchie della Stb, la polizia segreta di stato cecoslovacca (Státní Bezpečnost), che, dopo ripetute analisi alla croce ed interrogatori, decise di arrestare Toufar. Era il 30 gennaio 1950 e l’accusa era di aver inscenato un miracolo a fini politici e sovversivi.

La polizia rinchiuse Toufar nel carcere di Valtice, dove trascorse le successive quattro settimane, spesso in isolamento. Durante questo periodo il parroco sperimentò enormi disagi fisici, come maltrattamenti, insonnia, fame e sete, e l’esaurimento mentale. Tutto questo perché si rifiutava di firmare una dichiarazione in cui confermava di aver macchinato tutto e si ostinava a dire che lui non aveva visto l’accaduto con i propri occhi.
La svolta negli interrogatori avvenne lunedì 20 febbraio 1950, quando Toufar venne costretto a firmare un documento in cui rivelava di essere omosessuale e di aver avuto contatti pedofili con undici ragazzi.

Le indagini condotte negli anni 90 dall’ÚDV (Úřad dokumentace a vyšetřování zločinů komunismu), l’ufficio di documentazione ed indagine sui crimini del comunismo, hanno escluso la veridicità di queste accuse.

Gli esperti di lingua hanno concluso che Josef Toufar non era affatto l’autore della confessione e aveva solo firmato un testo scritto da qualcun altro; in quello stato mentale e fisico avrebbe potuto firmare anche solo carta bianca. Inoltre, leggendo il testo, si capisce chiaramente che la persona che lo ha redatto non aveva molta familiarità con la terminologia che ha usato. Il testo è scritto in lunghe frasi, che molto probabilmente una persona torturata non sarebbe in grado di fare, e lo stile delle presunte confessioni non corrispondeva affatto alla normale espressione verbale di Toufar.

Nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, alcuni membri della Stb trasportarono Toufar da Valdice a Číhošt, con l’intento di ricreare la scena del miracolo. La messa in scena sarebbe dovuta essere ripresa, per creare un documentario di propaganda comunista al fine di screditare la chiesa. Toufar non era fisicamente in grado di recitare un’omelia e le sue condizioni si stavano deteriorando rapidamente, quindi fu riportato a Valtice.

Il 25 febbraio del 1950 Josef Toufar fu trasferito al sanatorio Borůvka in condizioni critiche, pensando che i medici sarebbero stati in grado di salvargli la vita. Fu immediatamente operato, ma nell’addome venne trovata una notevole quantità di liquido verdastro e maleodorante e, nonostante tutti gli sforzi dei medici, Toufar morì in poche ore.
Il certificato di morte includeva solo un’ulcera allo stomaco rotta e si omise qualsiasi traccia di tortura.

Jan Palach

Lo studente Jan Palach nacque l’11 agosto 1948 a Praga. Era uno studente presso la Facoltà di Lettere dell’Università Carlo, quando si diede fuoco in Piazza Venceslao. Il suo atto rappresentava un segno di protesta contro la soppressione delle libertà e l’atteggiamento passivo dell’opinione pubblica dopo l’inizio dell’occupazione della Cecoslovacchia da parte degli eserciti del Patto di Varsavia. Fu trasportato nella clinica Borůvka, dove i medici cercarono invano di salvarlo per tre giorni. Jan Palach morì a causa delle ustioni troppo estese.

Il nostro articolo su Jan Palach a questo link


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Marci Muchomůrka
Marci Muchomůrka
La papessa | Ameba cittadina del mondo. Proviene dalla città eterna ma sogna di stabilirsi in Kyrgyzstan per aprire un import-export di olivello spinoso. Prima di trapiantarsi a Praga ha fatto l'interrail dei luoghi più piovosi d'Europa, che comincia in Irlanda, passa dai Carpazi e finisce a Udine. Nel frattempo, per Italia Praga One Way scrive di temi e luoghi che non interessano a nessuno, ricevendone come guiderdone 1L di succo di zenzero e curcuma ogni mese.
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