Comunicato stampa e una cartella fotografica relativi alla mostra “Il mondo degli outsider” del fotografo Pavel Konečný, un collezionista ceco di art brut. L’esposizione, dedicata a dieci artisti italiani marginali e alle loro produzioni documentate nel corso di vari soggiorni in Italia dal 2011 al 2015, resterà aperta presso l’Istituto Italiano di Cultura di Praga fino al 28 febbraio 2017.
Una testimonianza figurativa delle visite a giardini originali, a cortili e abitazioni straordinarie che appartengono a vari artisti marginali e che rispecchiano fedelmente i loro destini travagliati, i loro ricordi vivi, le immaginazioni, i sogni e le aspirazioni. Il tutto inserito in ambienti assolutamente autentici ed espresso con un proprio linguaggio artistico, con opere talvolta definite come periferia dell‘architettura, della scultura o della pittura, ma rappresentate con un’insolita carica di poesia pura e di originalità. Le fotografie di Pavel Konečný (1949), un collezionista ceco di Art brut, cercano di documentare l’unicità e l‘originalità, la gioia sincera derivante dalla creazione artistica degli autori italiani spontanei, i cosiddetti outsider, che il collezionista ceco ha avuto occasione di incontrare durante i suoi viaggi in Italia dal 2011 al 2015. Spera di contribuire così ad attirare l’attenzione del vasto pubblico su questi esempi di creatività umana, di fantasia e di sogni fragili che si sono conservati, ma allo stesso tempo rischiano di sparire per sempre.
Il mondo degli outsider – profilo degli autori
Filippo Bentivegna (1888- 1967) è nato nella cittadina di Sciacca vicino ad Agrigento, in Sicilia. Probabilmente suo padre era un pescatore. Quando aveva circa diciotto anni, Filippo è emigrato in America e ha lavorato a Boston nei cantieri per la costruzione della ferrovia. Dopo una triste vicenda legata ad un amore non ricambiato e ad un infortunio alla testa, la sua vita è cambiata drasticamente ed è ritornato in patria, dove si è dovuto sottoporre a cure psichiatriche. Ha comprato un terreno alle pendici del monte Cronio dove ha potuto dar spazio alle sue ossessioni creando nei successivi cinquant’anni centinaia di teste umane in pietra. Nel 1968 Jean Dubuffet ha acquisito varie sue opere per la propria collezione. Nel 1974 la Regione Sicilia ha comprato il terreno aprendolo al pubblico.
Fiorenzo Pilia (1933) vive a San Sperate, in Sardegna. E‘ nato in una famiglia povera ed è cresciuto con altri sette fratelli. Il suo talento innato e la sua aspirazione alla creazione artistica si sono potuti sviluppare solo dopo sessant’anni di duro lavoro nei campi. La sua creatività si è manifestata improvvisamente (come lui stesso dice „per volontà divina“) nel dicembre del 1993, quando ha deciso di creare la sua prima statua e ha cominciato a realizzare il grandioso progetto del giardino „abitato“ da imponenti statue policrome aventi un tema in comune, ossia quello di celebrare la vita umana e soprattutto la donna come madre. Ai visitatori della sua galleria l’autore fornisce personalmente una spiegazione dettagliata che si conclude sempre con la visita alle viscere di un’enorme statua di donna nuda giacente, proprio laddove ha origine la vita umana.
Fellicu Fadda (1932), per l’anagrafe Rafael Fadda, vive nella cittadina sarda di Ghilarza, dove ha il suo laboratorio creativo su una superfice di vari ari vicino a casa su un terreno in leggera pendenza che crea un piccolo anfiteatro naturale. L’autore faceva il muratore, ma dal 1982 scolpisce qui le sue opere imponenti nella pietra basaltica. L’ampiezza dei motivi rappresentati nel suo teatro di pietra a cielo aperto è ammirevole. Accanto a temi biblici e sacri tratti dalla vita di Cristo, l’autore rappresenta le divinità antiche (Demetra). Fantasiosi temi erotici si alternano a richiami alla cultura megalitica. Il punto centrale del complesso è la grande torre nurago che l’autore ha collocato al centro del terreno come simbolo della passata grandezza della Sardegna.
Bartolomeo Mereu soprannominato Banana (1935) vive in Sardegna, nella sua casa vicino al porto di Cala Gonone non lontano da Dorgali, dove è nato. E‘ cresciuto in una famiglia di agricoltori con altri quattro fratelli. Ha smesso di andare a scuola dopo la terza elementare ed in età adulta ha frequentato vari corsi serali. Fino a diciannove anni ha aiutato i propri genitori con il lavoro nei campi e dopo è partito per cercare fortuna all‘estero lavorando dieci anni in Belgio ed in Germania. Quando è tornato nella natia Sardegna, ha comprato un bar che ha trasformato in gelateria gestendolo per ben trentanove anni. Cerca nella macchia pezzi di legno vecchio e ne ricava figure varie, teste e animali. Nel 2015 ha avuto la sua prima mostra a Dorgali.
Pietro Moschini (1923 – 2011) è nato a Tuscania, in Lazio, ed ha lavorato tutta la vita come agricoltore. I suoi genitori erano contadini analfabeti. Ha frequentato la scuola per sei anni, ma dopo ha dovuto smettere per aiutare il padre nei campi e per mantenere la famiglia. Ha lavorato la terra fino alla pensione. Ha scolpito la sua prima statua di legno nel 1952. Negli anni successivi ha creato alcune centinaia di opere di vario materiale (legno, sughero, corteccia, pietra vulcanica, marmo, cemento ecc.), con le quali ha riempito la propria casa nel centro di Tuscania, antica città etrusca. Nel 2014 la sua casa è stata trasformata in un piccolo museo.
Bonaria Manca (1925) è nata a Orune, in Sardegna, come penultima di tredici figli. Negli anni cinquanta la sua famiglia si è trasferita per motivi molto seri nell’antica città di Tuscania, nel Lazio settentrionale. Dal 1965 vive nella grande casa acquistata dalla sua famiglia e si dedica al pascolo delle pecore, al cucito ed ai lavori di casa rispettando la tradizione sarda. Nel 1968 si è sposata, ma il matrimonio non è durato molto. Dopo la morte della madre (1975) e dell’amato fratello (1978) Bonaria è entrata in una crisi che è sboccata nella separazione dal marito. Essendo rimasta sola, ha cominciato a cantare ed a dipingere i suoi ricordi dolorosi su tela, per poi passare alla decorazione delle pareti della propria casa, ricoprendole di pitture piene di poesia e mito.
Domenico Brizi (1925) vive a Piansano, vicino a Tuscania, nel Lazio. Lavorava a Roma come portiere ed aiutante presso i famosi studi di Cinecittà, ma in seguito è tornato al paese dedicandosi all‘agricoltura. Il suo giardino è diventato il luogo dove ha cominciato a mettere in pratica le sue capacità creative, soprattutto da quando è andato in pensione. Come prima cosa ha creato una piccola grotta scavata e scolpita nel tufo che usa come rimessa per gli attrezzi. Al momento crea ancora rilievi e statue di animali policromi e di figure umane. Purtroppo l’integrità del giardino riccamente decorato è messa in pericolo dall’acqua che filtra dalla strada sovrastante.
Girolamo Ricci (1931) è contemporaneamente scultore, intagliatore e pittore. Vive nel piccolo paese di Pievelunga, in Umbria. Ha lavorato duramente tutta la vita come agricoltore. Ha cominciato a manifestare le sue doti di arte spontanea soltanto quando è andato in pensione. Ispirato da un sogno, dopo la morte della moglie Liliana ha deciso di costruire nel giardino di casa sua una piccola cappella dedicata alla Madonna, decorandola con statue di pietra e cemento che ha realizzato da solo e che ha poi intensamente policromato. Integra le proprie statue con oggetti rinvenuti per caso, come ceramica e giocattoli. Intaglia nel legno anche figure umane e di animali, dpinge inoltre su materiali vari (porte, botti, assi, lamiere, tegole e altro ancora) prediligendo la raffigurazione della coppia uomo e donna.
Mario Andreoli (1928), ex ferroviere, vive a Manarola, uno degli stupendi paesi delle Cinque Terre, dove la sua famiglia possedeva un terreno in collina. Nel 1961 suo padre, poco prima di morire, gli ha chiesto di rinnovare la croce che un tempo si ergeva sulla cima del colle. Da quel momento l’anno di Mario si suddivide in due parti: la prima, da dicembre a gennaio, è dedicata alla realizzazione di scene sacre e storiche, alla costruzione di croci, palme, cammelli e pecore intorno al presepe mentre la seconda parte, nel periodo di Pasqua, è dedicata alla Via Crucis. Quando è andato in pensione, Mario ha comprato anche il terreno circostante ed oggi, su una superficie di 4000 metri quadri, si dipanano 8 km di cavi che portano corrente elettrica a più di 250 figure per un totale di 15.000 lampadine, le quali per quattro mesi all’anno illuminano il colle sopra Manarola che fa parte dell’area dichiarata patrimonio mondiale culturale e naturale dell‘UNESCO.
Angelo Stagnaro (1940) vive a Casarza Ligure. A otto anni ha cominciato a raccogliere e collezionare minerali desiderando farlo anche come lavoro. A sedici anni, però, ha dovuto smettere di studiare per motivi familiari ed ha dovuto cominciare a lavorare nei vicini cantieri navali di Riva Trigoso. Il suo sogno irrealizzato di avere un museo mineralogico ha trovato consolazione nella produzione scultorea. Le prime sculture di metallo ottenute da pezzi di ferro saldati assieme sono del 2000. Con un‘ossessione quasi assillante ha creato un piccolo giardino caleidoscopico con figure storiche e mitiche che portano i nomi di dèi antichi, ma anche quelli di persone famose che l’autore ha raffigurato in modo alternativo.