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Elezioni ceche 2017: cosa è successo?

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9 partiti in parlamento, populisti, euroscettici vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori. No, in realtà ora come ora nessuno è in grado di capire cosa è successo alle elezioni di sabato, né di prevedere quello che succederà. Il voto ci ha dato parecchie informazioni, ma queste, più che un quadro chiaro, sembrano essere i pezzi di un puzzle da comporre. E più di noi il puzzle dovrà comporlo Andrej Babiš, perché, a quanto pare, c’è modo e modo di stravincere. Noi, che non siamo in grado di comporre il puzzle, ci limitiamo a indicare i pezzi.

Destra e sinistra non esistono più

Se mai c’era bisogno di ribadirlo, le elezioni ceche lo hanno ribadito. La divisione politica dx – sx è morta. La divisione nuova è tra partiti anti establishment (Ano – Spd – Pirati) e partiti classici (gli altri 6), con il voto che, Ods a parte, ha premiato le formazioni nuove. Ed è affascinante notare che i detrattori cechi etichettano Ano sulla base del loro schieramento. I destristi dicono che Ano è di sinistra (mascherata), i sinistrati dicono il contrario. Ad ogni modo è inutile frignare sul latte versato e sulla deriva populista della politica. O i partiti standard iniziano a parlare la nuova lingua, o faranno la fine dei monarchici.

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Accuse relative

Farà specie, ma le accuse a Babiš si sono rivelate anche più sterili del previsto. Anche perché a ben guardare non sono così gravi e si potrebbe trovare di meglio. Accusare una persona di aver collaborato con il regime 30 anni dopo la fine del regime stesso è un po’ fumoso. E poi, davvero stiamo accusando un uomo che ha proprietà pari a 3 miliardi di essersi intascato due milioni? Davvero non siamo riusciti a trovare nulla di più grave? I partiti anti-establishment hanno puntato il dito su pecche dell’establishment. Che bene o male esistono tra l’altro. I partiti tradizionali hanno puntato il dito contro i candidati degli altri partiti. Quale di questi comportamenti è più meschino, a ben guardare?

Il potere logora chi lo ha

Ano si è presentato con un programma che, come hanno scritto su Die Zeit, “sta alla politica come Amazon sta alla vendita”, ovvero offre tutto l’offribile al maggior numero di persone possibili. Ciò detto, era al governo negli ultimi quattro anni e ora lo sarà per un altro po’. Ovvero Ano ormai È l’establishment. E questo finirà per indebolirlo, a meno che l’apparato di marketing Babišiano non disponga altrimenti.

Coalizione con chi?

Ano ha stravinto, lasciando agli altri le briciole. E questo fa si che molto probabilmente Ano avrà bisogno di altri 2 partiti per fare una coalizione, pur avendo 78 seggi su 200, un numero impressionevole. Partendo dal fatto che una coalizione Ano-Kdu-Cssd (quella degli ultimi 4 anni) a ruoli invertiti è possibile, Ano ha bisogno di almeno altri 23 seggi per avere la maggioranza. Glieli può dare solo Ods (che per ora rifiuta, ma vedremo per quanto). Oltre a ciò, ci sono 18 combinazioni di coalizione possibili. Tutti i partiti tranne Spd hanno detto di non voler andare in coalizione con Babiš (Ksčm ha già formalmente rifiutato perché “noi con un partito di destra non andiamo”), ma qualcuno dovrà sporcarsi le mani. Sapremo nei prossimi giorni chi. Se Ods non la smette di fare il pretino offeso, qualcuno salterà fuori. E noi potremmo gioire dell’esportazione di uno dei più rinomati prodotti del Made in Italy – il pentapartito.

Europa sì, Europa no

La stampa straniera può disperarsi quanto vuole, ma i programmi sono chiari. Di 9 partiti, solo Spd è anti-UE. Tutti gli altri, sebbene muovano delle critiche più o meno sensate, sono sostanzialmente a favore dell’Ue, né mai penserebbero di andarsene. L’unico problema sta nella legge (costituzionale) sui referendum, che diversi partiti vogliono cambiare introducendo la possibilità di fare referendum consultivi. Questo permetterebbe di indire un referendum sulla permanenza nell’Ue. Ma decisamente è troppo presto per parlarne e per fasciarsi la testa. Al contrario, il sopracitato apparato di marketing di Ano adesso dovrà anche ridare ai cechi un po di fiducia nell’Unione, anche perché nei prossimi 4 anni potrebbe presentarsi il difficile compito di adottare l’euro. In questo senso però, dobbiamo citare i Pirati, che in Italia sarebbero un normale partito di sinistra petalosa. Sono sbucati praticamente dal nulla (in 4 anni sono passati dall’1,5 all’11 per cento) e, da programma, si dichiarano marcatamente filo europei e favorevoli a immigrazione e integrazione. Alla faccia del V4 chiuso.

Praga è una nazione, la Repubblica Ceca è un’altra

Ed è una cosa tipicamente austro-ungarica. In Polonia, Austria, Ungheria, e anche qui, le grandi città votano in un modo, le campagne in un altro. Questo giro la cosa è stata lampante. Ano è il primo partito che vince le elezioni in 14 regioni su 14. In tutte le regioni ha vinto con percentuali tra il 31 e il 39%, seguito dalla Spd con percentuali tra il 10 e il 13%. A Praga invece Ano ha preso il 20%, seguito dai Pirati al 17% e da Ods al 16%. Spd ha preso solo il 5 per cento. Tradotto: Praga ha tolto 4 cadreghe a Babiš e 5 a Okamura (altrimenti avrebbero potuto governare assieme). Pirati e Ods ne hanno guadagnate 3 a testa. E se non bastasse, Praga ha mandato da sola in parlamento il nono partito (Top09) incasinando ulteriormente un casino parecchio incasinato. Tolto questo ultimo elemento, però, Praga ha salvato la ČR un’altra volta.

Migrazione di voti

Rispetto al 2013, Top09 ha perso il 6% dei voti, i Comunisti l’8%, i Soc-dem il 12%. Dove sono andati questi voti? Quelli di Top09 in larga parte sono tornati da dove erano venuti (l’Ods), altri probabilmente sono passati ai Pirati. I voti dei comunisti sono andati a Spd, partito che non promette libertà al proletariato oppresso ma protezione da un nemico inesistente (diktat di Bruxelles che non esistono e migranti arabi che qui non si trasferirebbero mai). È la faccia triste del populismo e possiamo solo augurarci che Okamura faccia la fine di David Rath (8 anni di carcere per corruzione). Quelli di Čssd sono andati dovunque, soprattutto ai Pirati. Ed è solo colpa della Čssd, che ha condotto una campagna fallimentare, improntata sulla difesa di un wellfare. Questa cosa, nel 2017, non suona astratta, ma sicuramente suona vecchia e finta. Che vada al governo o no, Čssd molto probabilmente attraverserà una fase di purga dei quadri, come ha sempre fatto. Ma se non cambia lingua (ovvero se non trova un Renzi o qualcosa di simile) camperà poco come il resto dei partiti socialdemocratici europei.

Dispiace, ma la storia va avanti, non indietro.

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Tiziano Marasco
Tiziano Marascohttps://www.tizianomarasco.com
Il Vojvoda | Friulano di nascita, parla 9 lingue e scrive in 4 alfabeti. Ha studiato metallistica all'università di Hedlund e seguito le lezioni del professor Krull. Alimenta la fiamma di Trockij, si è stabilito a Praga nel 2011. All'epoca stava fuggedo dalla Russia, dove aveva tentato di sabotare la rielezione di Putin. Riparato a Vienna ha provato a convincere gli austriaci a riprendere le loro terre, stabilendo però il parlamento al Karlmarxhof. Fallito anche questo tentativo, si è stabilito a Praga dove lo aveva invitato il suo amico Egon Bondy. Potete trovarlo a Žižkov travestito da Major Zeman. Per italia praga one way fa il favellatore di lingua ceca e riceve mezzo chilo di halušky al mese (con la bryndza e la slanina, mica quelli coi crauti).
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