Italia Praga One Way intervista Francesco Augusto Razetto. Attivo a Praga fin dai primi anni ’90, soprattutto nell’immobiliare, è uno degli imprenditori italiani più famosi in Repubblica Ceca, anche grazie a diverse iniziative a sostegno della cultura.
Cosa l’ha portata qua in RC e perché ha deciso di rimanere in questo paese?
Avevo 25 anni e mi ero da poco laureato. Era un mondo che cambiava, in trasformazione, quindi era una terra che aveva molto fascino. Era il tempo in cui c’era il film “Balla coi lupi”, con Kevin Kostner che diceva, nel film, “Vado a vedere il West prima che cambi”. Ecco, io ho pensato di fare lo stesso ma dall’altra parte. Ero venuto come manager di una società italiana e dopo 4 anni mi sono messo in proprio. L’azienda aveva diversi interessi: immobiliari, turistici e anche gastronomici. Io ho deciso di concentrarmi sull’immobiliare e credo di aver fatto una buona scelta.
Che differenze percepisce tra il fare business oggi e agli inizi degli anni 90?
Sono cambiate molte cose, ma la ČR è ancora un mercato molto interessante. Certo, 25 anni fa era più semplice: non servivano grossi investimenti e c’era molta meno regolamentazione. Oggi servono soprattutto professionalità e serietà e un certo capitale. Ma opportunità ce ne sono.
Crede che il passato comunista influenzi ancora la società ceca?
Certamente. Non sono comunista, ma i 40 anni dal 1948 al 1989 hanno avuto delle influenze che si vedono ancora oggi. Positive e negative. Negativa è l’invidia per il vicino di casa, per l’altro, che ha più possibilità economiche. Di positivo, il comunismo, ha creato una base scolastica solida (la scuola tecnica è sempre stata di ottimo livello), anche se non aperta al mondo.
Come mai ha sentito bisogno di specificare il suo non essere comunista? Quelli venuti qui nel 1990 erano comunisti?
No. Si trattava di imprenditori e avventurieri. Comunisti ne sono arrivati molti nel 1948, ovvero i partigiani comunisti che dall’Italia sono passati in questi paesi… accolti in vario modo e spesso educati per divenire la possibile base dirigente nel caso la rivoluzione si fosse estesa all’Europa occidentale.
A proposito di questo. Ha notato cambiamenti negli italiani che si trasferiscono in ČR rispetto al 1990?
Direi di sì, ma Praga è da 400 anni meta di italiani. Gli italiani qui sono sempre cambiati. Nel 1920 gli italiani venivano qui a fare la stagione lavorando nei campi. Adesso però apparteniamo a una super nazione: l’Unione Europea. La situazione finirà col stabilizzarsi e divenire ancora più fluida.
A proposito di questo. Qual è la sua posizione sull’Euro?
Per molti è stata una salvezza ma è stato percepito male a causa della crisi. Ed è facile dare la colpa a Francoforte. Ma l’Euro è la seconda moneta mondiale. La ČR volendo star fuori permette ai politici di non far partire un certo euroscetticismo. Qui l’euroscetticismo è gestito dal governo e non è spontaneo, il che mostra un certo scarso rispetto e la mancanza di onestà intellettuale, perché la ČR ha ricevuto moltissimi soldi (dal 2012 al 2017 l’Ue ha versato alla ČR 26 miliardi di euro, ndr.). Lo scorso anno gli investimenti Ue hanno rappresentato il 5% del Pil nazionale.
Come valuta l’ostruzionismo politico dei paesi V4 relativamente alla crisi migratoria?
La crisi migratoria è un problema lasciato sulle spalle di poche nazioni. E si dà spazio al populismo. Ma guardando il fenomeno del terrorismo a livello politico e statistico, non costituisce un grossissimo problema. Viene sfruttato perlopiù per allarmare. Quindi questi paesi si chiudono a riccio. Un’integrazione seria però è necessaria. Alcune obiezioni sollevate dal V4 – come imporre le nostre regole a chi arriva – sono più che fondate. Ma non possiamo fare di queste obiezioni la base di un fondamentalismo al contrario.
Può dirmi qualcosa sulla fondazione Eleutheria e sula sua attività di collezionista?
Vengo da una famiglia di collezionisti. Mio padre lo era, mio nonno lo era e anche io ho questa passione. Il fatto è che quando sono venuto qui ho guardato anche quello che costava poco, ma quello che costava ancora meno era il realismo socialista. Dopo qualche tempo ho visto la raccolta del partito comunista locale e mi son reso conto di avere molta più roba di qualità rispetto a loro. Ho allestito una collezione che ora supera i 4000 quadri. Quindi mettere in piedi una fondazione che promuovesse la cultura mi è sembrato logico e giusto.
Ma come mai il realismo socialista? Non solo per il fatto di essere a buon mercato, immagino…
Nooooo… ovviamente mi piaceva, ed era un’arte che noi non conoscevamo. Era normale. In quegli anni (1950-1980, ndr) l’Europa dell’ovest era aperta all’astrattismo. Quella dell’est, incamminatasi lungo i dettami scritti negli anni ‘20, era divulgativa, di facile comprensione e con un fine sociale. Non era compatibile con quella occidentale e per questo in occidente non arrivava. Sostanzialmente per me era qualcosa di nuovo, di altro, di interessante.
Come vede dall’estero la situazione italiana e la stagnazione degli ultimi 10-15 anni? Segue ancora la situazione dopo tutti questi anni? Come valuta il voto degli italiani all’estero?
Vede, ripeto che facciamo ancora tutti parte dell’Unione Europea, quindi seguire più di un solo stato non è tanto una possibilità quanto un dovere. Non possiamo chiuderci a riccio e guardare solo al nostro orto; è un atteggiamento anacronistico. Una scelta politica non è più circoscrivibile Entrando nel merito della situazione italiana, devo dire che rimane critica da ormai 10 anni. L’Italia è ancora nel pieno della crisi e la politica ha procrastinato riforme che erano necessarie. I partiti hanno preferito schierarsi in blocchi contrapposti e non comunicanti. Parlando infine del voto concesso a noi, l’Italia è un paese di storicamente emigranti e gli emigranti per anni hanno mantenuto per anni famiglie che vivevano in Italia. Per cui era anche lecito concederlo da un punto di vista storico.
Lei ha 4 figli, se dovesse descrivere in poche parole quello che desidera trasmettere loro?
Vorrei essenzialmente che si possano realizzare nel settore che più desiderano. È il massimo che può fare un padre con delle capacità economiche. Lasciare i figli liberi di scegliere la loro strada. Ma vorrei anche che anche loro rimanessero curiosi nei confronti dell’altro come lo sono stato io.