La storia dei disertori cecoslovacchi che durante la prima guerra mondiale furono riuniti in una Legione dell’esercito italiano – furono talmente tanti che un intero battaglione venne rinominato come Nazdar.
L’importante presenza della comunità italiana in Repubblica Ceca è un fatto ormai assodato, (altrimenti non saremmo qui a scrivere in un sito come questo, peraltro), tuttavia è importante capire che non sono sempre stati solo i legami commerciali a costituire i fili che legano la storia italiana alla storia ceca, ed ancor prima.
Si potrebbe andare indietro di secoli, per trovare i primi contatti tra le due culture, tuttavia qua mi limiterò ad un episodio storicamente vicino, e fondamentale per la storia dei popoli ceco e slovacco. Il 1918.
Quando Tomas G. Masaryk, primo presidente della Repubblica Cecoslovacca, proclamò l’esistenza dello Stato stesso, lo fece da un ufficio di Parigi, più precisamente al numero 10 di Rue Bonaparte, che ancora oggi accoglie l’istituto di Cultura Ceco (Český Dům). Tuttavia, non tutti i cechi erano in Francia, in quel momento. Una nutrita schiera, infatti, era stata trasferita nei dintorni di Foligno.
Come ci sono finiti dei cechi in centro Italia?
La risposta è semplice: come prigionieri di guerra. L’Impero austro–ungarico infatti arruolava tra le sue file tutti coloro che fossero nati nei territori dell’impero, e poiché Boemia e Moravia non facevano eccezione, cechi e slovacchi furono costretti a servire tra le file dell’Imperatore Francesco Giuseppe.
Tuttavia, qui, la storia si complica.
Allo scoppio del conflitto, moltissimi cechi e slovacchi erano emigrati in altri paesi, un nutrito gruppo, ad esempio, in Francia. E fu qui che essi videro la possibilità di colpire l’Impero che opprimeva la loro terra, arruolandosi come volontari nella Legione Straniera.
La quantità di cecoslovacchi che servirono nella Legione è talmente impressionante che un intero battaglione venne rinominato come Nazdar, ed era composto esclusivamente da figli della Boemia e della Moravia. Distintosi in combattimento sul fronte occidentale, il Battaglione Nazdar combatté al fianco delle truppe francesi sotto il tricolore della République, senza mai ottenere un riconoscimento politico nonostante gli sforzi compiuti.
Non è accaduto lo stesso in Italia, però.
Lo slovacco Štefanik, astronomo, pilota, soldato e diplomatico, compì numerosi viaggi nel bel paese cercando di spingere le autorità politiche, ed il re, ad addestrare e portare al fronte le migliaia di truppe cecoslovacche. Queste, una volta giunte sul fronte italiano, si erano arrese in massa, abbandonando l’Austria–Ungheria, e formando la “Legione italiana”.
Dopo innumerevoli viaggi, scambi di note diplomatiche, discorsi in parlamento, e strette di mano, Štefanik riuscì ad ottenere qualcosa di unico. Il riconoscimento della Legione italiana sotto autorità del governo Cecoslovacco in esilio a Parigi. Il primo esercito della Cecoslovacchia, quindi, fu istituito in Italia. Vide il suo battesimo di fuoco nel 1918, proprio sui nostri monti, sulle nostre linee. I soldati cecoslovacchi combatterono con uniformi italiane, ed un nastro bianco e rosso sulla giubba.
Alcuni dipinsero sugli elmetti il leone di Boemia. Combatterono con audacia ed abnegazione, anche perché era risaputa la punizione per i disertori nell’Impero austro – ungarico: l’impiccagione. E fu questo il triste epilogo di un gruppo di soldati cecoslovacchi caduti in mano agli austriaci a Trento, nel 1918. Ancora oggi una targa commemorativa ricorda la tragica fine del gruppo. I soldati cecoslovacchi combatterono con coraggio e passione, tentando di infliggere una dura sconfitta al nemico, per poter tornare nella loro terra da uomini liberi, figli di una Repubblica indipendente.
Un episodio in particolare ricorda l’importanza del legame tra i due paesi, da questo punto di vista.
Dicembre 1918. La guerra è ormai al termine, ed in Europa imperversano fame, miseria e dolore dopo quattro anni sanguinosi e terribili. A Parigi hanno inizio le primissime trattative di fine conflitto, e nessuno immagina le condizioni difficili in cui gli equilibri dell’Europa saranno costretti per i successivi vent’anni.
Masaryk, in quel cupo clima di incertezza, prende il treno, lasciando Rue Bonaparte, e scende a Padova, dove un reggimento appena tirato a lucido, con al petto lucide medaglie conquistate col sangue sul fronte italiano, attende, in marziale rigore. Al presidente Masaryk, vengono per la prima volta introdotti questi soldati. I suoi soldati. Uomini che, attraverso le sue parole, hanno trovato la forza di combattere per la loro terra, anche se con uniformi italiane. Pochi giorni dopo, Masaryk entra a Praga per la prima volta da presidente. A scortarlo nella sua marcia trionfale, una fila di soldati. I legionari d’Italia: i primi soldati della Repubblica Cecoslovacca.
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