Articolo di Andreas Pieralli, apparso in ceco su Newsweek
Il complesso di Lednice e Valtice (ce ne occuperemo a breve, ndr) è considerato il più grande paesaggio naturale – artificiale in Europa, il punto di riferimento principale della skyline di Praga, il Castello è ugualmente considerato il più grande castello al mondo. Oltre a questo, è anche bene sapere che a Pardubice si svolge la corsa a ostacoli più difficile di tutta l’Europa continentale (isole britanniche escluse dunque), mentre la Pravčická brána è la più grande porta di arenaria in Europa. Non dovremmo ignorare poi il fatto che la serie di pittoresche case che si trovano a Rožnov pod Radhoštěm costituiscono il più grande e il più antico museo immerso nella natura (Skanzen) dell’Europa centrale!
Durante la mia carriera di traduttore freelance dal ceco all’italiana, mi sono imbattuto molto spesso in simili confronti, accuratamente evidenziati riguardo a svariati monumenti culturali, storici, tecnici e naturali cechi: ogni attrazione detiene un primato in termini di dimensioni o di età. Ovvio, per i testi di marketing sottolineare particolarità e record è una cosa comune.
Però, probabilmente dato che in Italia siamo abituati a record planetari di ogni tipo, i record cechi non hanno un grande effetto su di noi. Il più grande negozio di giocattoli (Hamleys) in Europa centrale, il più grande parco acquatico dell’Europa centrale a Praga, l’ossario Sv. Jakub a Brno, dopo quello di Parigi il secondo più grande ossario in Europa; il più grande giardino di rose in Europa centrale, a Lidice, o anche la più grande competizione di marmellata in Europa centrale: si tratta di cose che non catturano la nostra attenzione.
Ma il punto qui non è tanto l’effetto. Piuttosto, in questo caso, sembrano degni di nota gli sforzi cechi, costantemente e inconsciamente proiettati nel confronto con il resto d’Europa o con il mondo intero. Per la mia immaginazione iperattiva tutto questo suona come una chiamata da un luogo periferico: “Europa, siamo qui, e anche se siamo piccoli meritiamo attenzione!”
Spero che i miei amici cechi non se la prendano a male, ma lo scopo di queste righe è, ancora una volta, una sorta di provocazione in buona fede, per cui il pensiero di un uomo proveniente da un altro background culturale potrebbe spingere il lettore consapevole a una certa (auto) riflessione. E dopo questa auto-difesa preventiva vorrei paragonare questa esigenza ceca di trovare ed attribuirsi tutti i record possibili – anche a costo di piazzare quel “Centrale” vicino a “Europa” – a quel modo di fare tipicamente adolescenziale per cui ragazzi e ragazze esagerano in maniera infantile i tratti di mascolinità e femminilità, alla ricerca della propria identità.
Dopo tutto, la Repubblica Ceca ha solo 23 anni, la biologia dello stato può essere considerata giovane e collegabile ai fenomeni che l’età comporta. Ad esempio il diritto di confrontarsi con le nazioni più anziane e più grandi, di conseguenza con il contesto europeo o mitteleuropeo.
Questa esigenza di misurare le forze con i propri “genitori” va di pari passo con la tipica ribellione adolescenziale, dove lo sforzo di autodeterminarsi porta ad un periodo di delusione riguardo l’imitazione di un sistema di valori opposto rispetto a quello delle nazioni maggiori. Nel caso ceco, in questo senso si potrebbe parlare di imitazione di modelli orientali prima e occidentali poi, ma questa è un’altra storia. È essenziale che lo slancio di confronto con l’Europa sia costante, in modo costruttivo o anche in modo distruttivo, come insegna Václav Klaus. Secondo me questo slancio è la prova evidente che la Repubblica Ceca appartiene all’Europa e che all’Europa intende mostrare il suo amore, anche se a volte in maniera controversa.