La guida ai capolinea dei tram di Praga
Era da tanto, ma anche no, che si parlava di mappare tutti i capolinea tramviari di Praga. Ebbene, com’era come non era, un giorno che la retta via era smarrita, mi ritrovai in men che non si dica a Spořilov, capolinea che non avevo mai visitato prima (e probabilmente c’era anche un motivo), dove ad oggi terminano la loro audace corsa i tram numero 11 e 14, nonché il notturno 96. Ok, non dei grandi protagonisti, ammettiamolo, del trasporto pubblico praghese, ma pur sempre degli onesti proletari della rete urbana pubblica. Da segnalare, ad ogni modo, anche un fragoroso 135, testé passato, che è un autobus da non sottovalutare, perché passa per Florenc, Náměstí míru, e un sacco di altri posti interessanti (forse).
Cosa c’è da vedere qui a Spořilov?
Niente, assolutamente niente.
Il posto colpisce per uno strano edificio, recante l’altisonante insegna di První pivní tramvay, scritto però con la y… forse il primo tramvia birroso? E comunque, arrivando si nota subito l’enorme concessionario Ford, Škoda e di altre marche che campeggia sfacciato sulla destra. Dall’altra parte del dall’altra parte del capolinea si notano degli edifici in file parallele ordinate che hanno tutto l’aspetto di essere degli staliňáky, così almeno li chiamano a Ostrava, ovvero i precursori in mattoni dei paneláky. Sostanzialmente dei caseggiati popolari rigorosamente identici gli uni agli altri, ma di qualità superiore ai famigerati e invivibili paneláky in cemento armato che hanno cominciato a costruire dagli anni ‘60 in poi, almeno credo. Altre cose da segnalare: qua vicino dovrebbe esserci un rinfrescante laghetto verso il quale vado appropinquandomi seguendo fedelmente un simpatico sentiero segnalato rosso.
Procedendo lungo la via U mlýna, ovvero Al mulino, mulino peraltro ampiamente non pervenuto, si costeggiano delle case ristrutturate, poi un panelák di 4 piani, che erano quelli un po’ più vivibili, con le terrazze rifatte e vetrate, tanto da sembrare quasi un posto decente. Più avanti delle villette a schiera che mi inducono addirittura a sbilanciarmi affermando che questo sembrerebbe addirittura un posto carino dove vivere. Superata una giovane coppia che, a giudicare dalle loro faccia, soprattutto da quella di lei, probabilmente aveva appena litigato, scendiamo 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 gradini di numero per ritrovarci in un disconnesso viottolo alberato che ci porta in via K vodě, che vuol dire verso l’acqua. Ma come sicuramente saprete in ceco il termine voda, acqua, viene usato anche in generale per dire un posto dove c’è dell’acqua, ovvero un lago, uno stagno o un fiume. Quindi jít k vodě, per esempio, significa andare in un posto ricco di H2O, il celebre fluido noto per la sua freschezza e il potere dissetante.
Eccomi arrivato, dunque, all’ameno laghetto di Hamerský rybník, dove a darmi il benvenuto una vecchia cappella, scusate il termine, tutta ricoperta di scarabocchi e graffiti, che evidentemente ha visto tempi migliori quando, forse, ospitava qualche santo. Lo splendido laghetto (d’altronde appare difficile immaginare un laghetto brutto) è costeggiato sul suo lato settentrionale da una la pista ciclabile, la numero A23, che da un lato, verso est, conduce a Michle e poi Vyšehrad, mentre dall’altro, verso ovest, va verso Zaběhlice dove poi sparisce miseramente fondendosi con la ben più celebre (?) A41. Poco più avanti una serie di campi da tennis, un ristorante nuovo, dopo il quale intravedo anche dei campi da beach volley dove, proprio adesso, si sta svolgendo un accesissimo match tra tre donne, tutte rigorosamente in bikini, e un fortunato signore (fortunatamente non in bikini).
Insomma, pare proprio uno di quei luoghi dove la gente si dedica inspiegabilmente allo sport all’aria aperta. Superati i campi sportivi arrivo a un incrocio dove si interseca il sentiero segnalato rosso, dove sulla sinistra si erge ottusamente la chiesa di Santa Maria Assunta, originariamente romanica, ma resa assai insulsa dalle successive, pesanti e invasive baroccizzazioni. Mentre, sulla destra, una quantità incredibile di papere, paperotti, paperelle e cigni attorniati da qualche famiglia debitamente corredata di prole dedita alla nobile attività del lancio del rohlík al papero.
Proseguo sul sentiero… grazie a Dio le persone si diradano sempre di più, giusto qualche bicicletta in su in giù. Mi appresto, dunque, a proseguire lungo il mio periglioso sentiero seguendo il percorso rosso che, con la protezione del Signore, dovrebbe portarmi fino al grande lago di Hostivař. Ivi, ristorata la mia anima bramosa di solitudine e riflessione, salirò su uno sbrigativo 177 che mi porterà dritto dritto a casa nelle brumose e nebbiose periferie industriali nordorientali.
Questo è, ordunque, quanto potevo dirvi sul capolinea di Spořilov. Arrivati a questo punto, probabilmente vi starete chiedendo se esista il rischio reale che vengano pubblicati altri articoli simili inerenti ad altri capolinea. Domanda oltremodo lecita e legittima che preferisco lasciare senza risposta per indurre nel lettore una sensazione opprimente di inquietudine e angoscia.